Il quartiere in cui vivo è normalmente molto caotico; la strada è piena di motorini, automobili, camion e traffico pedonale, ma adesso è stranamente così silenziosa. Gli unici rumori vengono da qualche occasionale auto di passaggio o dal supermercato che vedo dalla finestra quando i dipendenti scaricano la merce dai camion ogni mattina.
I balconi, colorati da fiori che si stanno svegliando con l’arrivo della primavera, sono adornati da bandiere italiane o lenzuola bianche dipinte con arcobaleni e le scritte #tuttoandràbene e #iorestoacasa. Si avverte un senso di solidarietà tra gli italiani.
Quando torno al mio appartamento, dopo l’occasionale uscita per andare al supermercato, intravedo me stessa nello specchio dell’ascensore e quasi tutte le volte piango. Si possono vedere solo i miei occhi pieni di lacrime perché la maschera copre il resto del mio viso. Strade vuote, maschere, guanti, una città di solito vivace è adesso così silenziosa. Questa è la nostra nuova normalità. Niente passeggiate sul lungomare prendendo un po’ di sole. Nessun bambino che gioca a calcio in piazza. Nessuna fila alla gelateria. Nessun amico da incontrare per un aperitivo. E tutto questo rattrista molto il mio cuore.
Ma anche se il mio cuore è addolorato e l’unico sole che posso prendere è sul mio minuscolo balcone, la speranza rimane. Non la speranza nella solidarietà italiana (che è stata un’incredibile testimonianza e di cui ho fatto parte). Non negli ospedali o nel personale medico il quale sta facendo del suo meglio in questa orribile situazione. Non nel governo. Nessuna di queste ci dà speranza o pace perché nessuna è in controllo di qualsiasi cosa, come abbiamo visto negli ultimi due mesi.
Una speranza trovata in Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo. Non perché so e credo che esiste. Ma per il rapporto che ho con Lui. Conoscere qualcuno è diverso dall’essere in una relazione con qualcuno. Conosco tante persone ma non ho relazioni con tutti. Essere in una relazione con qualcuno significa conoscerlo più a fondo.
È avere una relazione con Dio e una profonda conoscenza dell’amore per Lui, che ci aiuta ad essere costanti e in pace, in ogni circostanza. Non siamo noi che possiamo produrre queste cose in noi stessi, ma è lo Spirito che ci è stato donato per grazia quando abbiamo deciso di vivere per Cristo.
Camminare in relazione con Dio è una cosa quotidiana, che il giorno sia buono o cattivo. Tante volte gridiamo a Dio solo quando ci accadono cose difficili. Siamo come gli Israeliti dell’Antico Testamento. Quando tutto sta andando bene, festeggiano e si deliziano delle cose del mondo senza un solo pensiero verso Dio, ma quando le cose vanno male, gridano a Dio per essere salvati. E la salvezza arrivò; Dio agì, li salvò e li perdonò. Gli israeliti voltarono ancora una volta i loro cuori verso Dio, servendo e obbedendo Dio, solo per smarrirsi di nuovo. Perché? Se leggiamo attentamente, nell’Antico Testamento impareremo che ciò che Dio voleva erano i loro cuori, ma riceveva solo le loro parole vuote.
Il Signore ha detto: «Poiché questo popolo si avvicina a me con la bocca e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me» Isaia 29:13
Tu li hai piantati, essi hanno messo radice, crescono e, inoltre, portano frutto; tu sei vicino alla loro bocca, ma lontano dal loro intimo. Geremia 12:2
Questa non è una relazione. Per noi, non vivere in relazione con Dio equivale a non adempiere allo scopo per il quale Egli ci ha creati. Ma Lui desidera più delle nostre parole. Lui vuole i nostri cuori. Cuori che dipendono da Lui. Cuori che muoiono a sé stessi, prendono le proprie croci e Lo seguono. Cuori che consentono allo Spirito di far crescere in noi il frutto dello Spirito (amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine e autocontrollo). Cuori che riflettono Cristo.
Per riflettere Cristo, dobbiamo conoscerlo. E possiamo conoscerlo solo se riempiamo noi stessi della Sua Parola, permettendo allo Spirito di usarla per cambiare i nostri cuori e somigliargli sempre più. Quando permettiamo allo Spirito di compiere il Suo lavoro in noi, la nostra prospettiva cambia. Non viviamo più per un determinato tempo ma per l’eternità. Quindi, nell’affrontare la sofferenza, il caos, e la quarantena, siamo in pace e la nostra gioia non può essere rubata dalle circostanze nelle quali ci troviamo. Poiché conosciamo le verità su Dio, esse ci aiutano ad accettare la sofferenza come parte di questa vita terrena e a mantenere i nostri occhi e le nostre prospettive fissate sulla gioia che abbiamo in Cristo in questo momento, ma anche sulla gioia che verrà nell’eternità. Perfino Cristo ha sopportato la Croce, disprezzando la vergogna, per la gioia che gli era stata posta.
Infatti io ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria che dev’essere manifestata a nostro riguardo. Sappiamo infatti che fino a ora tutta la creazione geme ed è in travaglio; NON solo essa, ma anche noi, che abbiamo le primizie dello Spirito, gemiamo dentro di noi, aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo. Poiché siamo stati salvati in speranza. Romani 8:18, 22-24a
So che mi sentirò sopraffatta o triste o di nuovo arrabbiata, prima che tutto sia finito. Probabilmente sentirò una o più di queste cose prima di poter pubblicare questo articolo, ad essere sincera. Sentirò tutta la tristezza e il dolore che mi circonda, perché è una cosa triste e difficile quella che sta accadendo. Ma allo stesso tempo, provando queste cose, mi ricorderò delle verità di Dio e delle sue promesse. Sceglierò di tenere gli occhi rivolti verso l’alto, anche se affrontano tutte le difficoltà che li circondano.